Minicronaca a puntate del viaggio in Nepal. Nepal.

Il Nepal ci accoglie.

L’autobus stracolmo di bagagli ci ha scaricati al parcheggio di Malpensa dopo aver raccolto i partecipanti dai vari punti di incontro lungo il percorso. All’imbarco ci siamo ritrovati in 39 pronti per l’avventura.

Volo su Muscat, capitale dell’Oman; velocissimo e rocambolesco trasferimento per salire in tempo sull’aereo per Kathmandu dove arriviamo in tarda mattinata. Burocrazia nepalese per il visto di entrata: modulo giusto, compilato giusto, consegnato allo sportello giusto; difficile capire però la combinazione giusta al primo colpo. Tutto sommato non c’è poi molta differenza con la burocrazia italiana… in effetti gli italiani si adattano meglio al nuovo ambiente circostante e riescono a tagliare le code meglio di chiunque altro; in questo modo anche il ritiro bagagli ed i successivi controlli sono superati e si esce finalmente dall’aeroporto.

Il Nepal ci accoglie. Lakpa Temba Sherpa e tutti i suoi collaboratori della Monviso Trecks and Expedition ci smistano tra i diversi mezzi che ci porteranno all’hotel.

Il traffico in Kathmandu: chi non vede non può crederci. Alcuni  ricordano della scenza del film  Jonny Stecchino dove si descrive il traffico di Palermo: molto, ma molto di più. Tutto pare muoversi casualmente in apparente disordine: esiste una linea di mezzeria? Esiste un verso di marcia? Esistono i semafori? Esistono le strisce pedonali per i bovini? Si sorpassa a destra o a sinistra? La polvere: da dove arriva tutta questa polvere? Colpiscono immediatamente la quantità di persone lungo la strada, la varietà di mezzi di trasporto, i colori e i rumori. Non passa, non passa, non passa… e invece l’autobus passa nei posti più impensati; pare che in Nepal funzioni la legge di riduzione delle larghezze: due mezzi larghi due metri e trenta che si incrociano necessitano solamente di un vicolo largo quattro metri e dieci per passare contemporaneamente.
Incredibilmente gli autisti non imprecano, non si arrabbiano e non fanno strani gesti agli altri guidatori.

 

per le strade di kathmandu

L’hotel è in una zona tranquilla, appartato dal caos e dal rumore. Tip, tip: cosa rispondere al facchino che ci ha portato i trenta kg di bagagli al quarto piano? Tip, tip: la mancia! Già, la mancia! Quanto dare? Dal portafoglio esce un biglietto rosso con tempio e due yaks raffigurati insieme a numeri e scritte incomprensibili per noi. Il poverello se ne va ringraziando: capiamo dopo che gli abbiamo dato 5 rupie, meno di 5 centesimi di euro… vergogna!

Siamo in una zona di Kathmandu frequentata dai turisti: nei vicoli, infiniti negozi dove la contrattazione è obbligatoria. Vediamo in una volta sola tutti i brands (le marche) del mondo dell’abbigliamento sportivo da montagna a prezzi accattivanti; osserviamo loghi ed etichette che sembrano quelli giusti ma con qualcosa di strano ed inusuale: proporzione dei caratteri sfalsata, errori nei nomi, modelli che sembrano a quegli altri costosissimi in Italia ma con qualcosa di diverso… Emergono subito tra noi i più talentuosi nelle contrattazioni: un dono di natura che si manifesta nel linguaggio universale del tira e molla, una via di mezzo tra la lirica e la matematica, melodiche esclamazioni e convergenze di complicate serie geometriche.

per le strade di Kathmandu

Il cielo è grigio, per i vicoli di Kathmandu; ad oscurare il cielo non solo smog e polvere ma anche, onnipresenti, fasci di cavi. Ovunque. Cavi sospesi dappertutto sembrano seguire più o meno le stesse regole del traffico: la casualità è solo apparente, il disordine è funzionale. Non si può fare a meno di osservare i pali più carichi di cavi compressi dal peso e pensare a ”come faranno quando c’è un guasto”.

Serata al ristorante: scopriamo che in Nepal si può mangiare bene e… tanto! Riso, lenticchie e pollo; salse piccanti e speziate. Ottima birra. Guardinghi e diffidenti iniziamo a lavarci le mani con l’Amuchina dando inizio ad un rito che si ripeterà per i prossimi giorni più volte al giorno: ognuno offre al vicino la propria Amuchina, quasi a significare un gesto di grande affetto.

Con le mani puzzolenti di cloro guardiamo l’appetitoso piatto davanti a noi pensando alla sua enorme carica batterica che comunque ingurgiteremo; ma questo non lo diciamo al nostro vicino, per non offendere chi ci ha offerto l’Amuchina, e, tra una risata e l’altra, mangiamo gustandoci i profumi del cibo.

L’indomani sveglia molto presto; si parte per Waku sui fuoristrada. Ma questo ve lo raccontiamo la prossima puntata.

Nepal 2017: minicronaca del viaggio (prima puntata)
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