Scendendo da Kala Patthar

A più di un mese dal ritorno sto ancora cercando di somatizzare le intense emozioni provate durante i 19 giorni di viaggio con Cecy Onlus.

Durante l’esperienza ho tenuto un diario, che è stato un po’ come un compagno di viaggio per me, qualcuno a cui confidare le incredibili sensazioni che stavo provando e che conserverà per sempre ciò che gli ho rivelato nei momenti di estrema lucidità prima di addormentarmi.

Ora, mi spiace deludervi ma il contenuto del mio diario rimarrà per sempre segreto, se non altro perché è scritto in inglese e con la mia calligrafia indecifrabile da mancina storta, ma ho cercato di estrapolare alcune delle emozioni più vivide che ho provato per condividerle con voi.

Questo viaggio è stato, come molti hanno già detto, una scoperta. Per me la scoperta ha riguardato l’esplorazione di un continente e Paese nuovo, i cui paesaggi mi hanno lasciata più volte senza fiato per le salite e la quota, ma soprattutto per lo stupore sentito di fronte alle cime che svettavano davanti ai miei occhi.

Se fossi però tornata a casa pensando di aver visto solamente dei bei posti non sarei veramente partita. Invece credo di essere partita perché non solo ho visto panorami mozzafiato, ma li ho potuti contemplare insieme ai migliori compagni di viaggio, italiani e nepalesi, che potessi desiderare. Penso che ciascuno di voi, volontariamente o meno, mi abbia lasciato qualcosa impresso: una testata presa insieme in jeep, una chiacchierata durante il cammino, uno sguardo di incoraggiamento nella bufera, la condivisione del poco spazio a disposizione intorno al tepore della stufa, un’allegra risata mentre mi veniva tirata in faccia una palla di neve, sorrisi e abbracci che valevano più di mille parole.

Solo una volta rientrata mi sono resa conto della fatica provata e della stanchezza che avevo accumulato nel corso delle tre settimane. Sono però state una fatica ed una stanchezza gratificanti, derivate dal fatto che fossi partita impreparata a tornare così arricchita.

Per quanto non mi manchi la sensazione di terrore che mi assaliva quando la sera dovevo infilarmi nel sacco a pelo ghiacciato, mi mancano le conversazioni e le risate condivise in amicizia che scaldavano ben più di qualsiasi stufa.

Tengo a ringraziare calorosamente i miei mitici compagni di avventura per la loro grande gentilezza e disponibilità nei miei confronti di “infiltrata” torinese. Se ce l’ho fatta ad arrivare in cima al Kala Patthar è anche merito della vostra inarrestabile e contagiosa tenacia e dei continui incitamenti a stringere i denti e a non mollare.

Grazie a Lakpa e Dolma per averci accolto così gioiosamente ed averci affidati a delle guide così esperte, alle quali dedico il prossimo ringraziamento.

Grazie Dorchi, Pemba, Gelu e Dana per l’attenzione con cui anticipavate ogni nostra esigenza, per la cura con la quale vi occupavate di noi e per averci portati sani e salvi in cima e giù di nuovo.

Infine, grazie ai portatori che si sono caricati sulle spalle il peso di borsoni contenenti quello che a noi sembrava “lo stretto indispensabile” rivelandoci che per salire in vetta bastano un buon paio di gambe, una giacca di pelle e un po’ di pop nepalese!

Zazie

Partita per il Nepal