“Certo che il Nepal non è proprio dietro l’angolo….”

Questo è stato il commento dei miei genitori quando gli ho comunicato la possibilità e l’intenzione di fare questo viaggio. In effetti dietro l’angolo non è… La distanza … mi dà da pensare

Parto con il mio piccolo bagaglio di pensieri, timori, aspettative…  il Nepal è così lontano, lontano dal mio mondo, dal mio modo di pensare, dalla mia quotidianità, dalle mie piccole abitudini e sicurezze… e proprio per questo la voglia di conoscere, vedere, sperimentare è davvero tanta.

Sono felice di partire, e sono felice che il motivo sia l’inaugurazione delle scuole di Waku e Nunthala, non vedo l’ora di confrontarmi con questa realtà. Lascio da parte la narrazione  del mondo fantastico che abbiamo trovato, del caos di Kathmandu, della bellezza dei visi, della mescolanza dei colori, dei volti , degli odori, dei paesaggi per fermarmi  un po’ su quello che ho sentito… eh sì… ho imparato davvero tanto… da tutto, da tutti.

Salendo  verso Waku e Nunthala ho visto  trasformarsi la miseria della città e delle zone più basse, che abbiamo attraversato a bordo dei fuoristrada,  in una  realtà di contadini che vive coltivando a segale, miglio, mais qualche metro quadro di terreno strappato alla montagna ridisegnata a terrazzi, sempre povera, ma più dignitosa e pulita, a dispetto della quantità di polvere davvero incredibile. Di loro mi  ha colpito davvero  l’attenzione con cui ci hanno accolti,  il modo in cui ci hanno messo tutto a disposizione, le nostre esigenze sono sempre  venute prima delle loro, siamo stati serviti come dei re… da persone che vivono con poco o niente, che ci hanno offerto senza pensare e con gioia quanto avevano di meglio.

Alla fine quasi mi sono sentita in imbarazzo, pensavo che il fatto di averli aiutati con la scuola, di aver portato loro del materiale, fosse una cosa grande, e per certi versi lo è… ma di fronte a quei volti segnati da chissà quali privazioni e sofferenze che si aprono in un sorrisi così  spontanei e veri ho pensato che noi abbiamo portato il nostro superfluo, mentre loro ci hanno donato il loro necessario.

Mi sembra per certi versi di rivivere i racconti di mia nonna, quando mi narrava della sua infanzia… della vita povera e semplice che conducevano, tante volte priva dell’essenziale ma condivisa, allegra, serena. Ho ritrovato nei volti degli amici del Nepal quello sguardo timido ma brillante della nostra gente di montagna, abituata alla fatica, alla sopportazione quell’espressione serena, che nasce da un’accettazione profonda della vita, che non è rassegnazione ma la consapevolezza di far parte di un insieme più grande, che trascende il singolo.  Umanità… questo mi viene in mente… umanità nel senso di insieme di persone… umanità nel senso di quell’insieme di sentimenti, comportamenti, condivisioni che nel senso migliore contraddistinguono l’essere umano. Per citare una bella canzone “… qui nessuno è diverso, qui nessuno è migliore..” E mi accorgo che la distanza non c’è… c’era solo nei miei pensieri, nella mia immaginazione.

Qui l’aria è troppo trasparente, le persone troppo spontanee, gli sguardi e i sorrisi troppo immediati perché si possa creare una qualsiasi distanza.

Salendo ancora verso il Kala Patthar ho sentito l’aria farsi più sottile, eppure stranamente mi è sembrato di respirare meglio in quello spazio sconfinato, ho capito perché il popolo Nepalese considera sacre queste montagne… è una questione di rispetto, è riconoscere i propri limiti e la propria piccolezza di fronte alla natura… riconoscere che non è il mondo che ci appartiene ma siamo noi che apparteniamo al mondo…  dovrei ricordarlo più spesso in questo mio occidente, in una società in cui  siamo abituati a piegare alle nostre esigenze  tutto ciò che ci circonda … ci sembra persino che anche il tempo ci appartenga… e non è così. L’immensità delle cime che circondano il vallone del Khumbu mi ha comunicato un senso di pace immensa, di serenità interiore… quei monti esistono da millenni… continueranno ad esistere quando non apparterrò più a questo mondo.

Sono stati momenti irripetibili, che non torneranno più e che tuttavia non se ne andranno mai, poiché non abbiamo una vita sola, ma due, quella che stiamo concretamente vivendo e quella formata da tutto ciò che di indimenticabile abbiamo vissuto. A questo proposito vorrei ringraziare tutti i componenti del  gruppo, sia nella  prima settimana sia nel proseguimento dell’avventura… ho avuto modo di conoscere persone stupende… tutti sono stati per me un esempio, soprattutto per lo spirito  giocoso  e positivo con cui sono stati affrontati tutti i momenti del viaggio anche quelli più critici… la battaglia a palle di neve durante la discesa a Namche Bazar rimarrà per sempre nella mia memoria… In altro modo cercherò di ringraziare tutti, uno per uno… sento però di dovere un ringraziamento particolare a Rosanna e Paolo, senza il loro coraggio, la loro voglia di mettersi in gioco tutto questo non sarebbe stato possibile… so che loro sono un po’ allergici ai complimenti, però, veramente, non è da tutti.

Liliana

La distanza che non c’è.