Viaggio in Nepal 2022.

Durante il sorvolo del Nepal da Kathmandu a Phaplu tutti i passeggeri vorrebbero sedersi nella fila di sinistra dell’aereo, perché da quella parte, alzando di poco gli occhi, si apre uno scenario affascinante: la catena dell’Himalaya con tutte le sue innumerevoli valli e cime. Il Numbur (indicato con il nome di Numberchuli su OSM,  6959 m s.l.m) la cima che più facilmente attira l’attenzione per la sua elegante bellezza.

Per una qualche ragione non sono le montagne ad attirare la mia attenzione. In basso, sotto di noi, scorre il Nepal, il vero Nepal. Il Nepal della gente comune, dei villaggi aggrappati ai ripidi pendii delle montagne collegati da improbabili strade, dei fiumi luccicanti in fondo alle valli, dei magri coltivi terrazzati.

È il Nepal dagli infiniti tetti blu.

Le case sono coperte da lamiera verniciata di un caratteristico blu e questi tetti richiamano la mia attenzione molto più delle montagne.

 Chi vivrà là, sotto quel tetto blu? E sotto quell’altro? 

Vedo tre tetti blu posati, quasi in bilico, su uno sperone di una montagna che scende ripido verso un fiume. Si vedono 4 bufali legati vicino alle case e delle persone che camminano nel campo posto su un terrazzamento, proprio sopra ai bufali. Penso ai mille lavori, ansie, preoccupazioni ma anche alle gioie e alle risate attorno e sotto a quei tre tetti blu. La strada si interrompe qualche centinaio di metri più ad est ed in basso cosicché i miei tre tetti blu devono essere raggiunti a piedi. A ben vedere la strada non è una gran strada: è franata in molti punti, la motocicletta che la sta risalendo dal basso alza un enorme polverone e in un attraversamento di una piccola gola si trasforma in sentiero per poi riprendere ad essere strada.

La scuola, dai tetti rossi,  è  lontana dai tre tetti blu e a quest’ora del mattino si vedono file di ragazzini azzurri (colore delle divise scolastiche) dirigersi verso l’agglomerato più consistente, di 8-9 tetti dove, attorno ad un largo spazio in piano sono disposte le aule . La mia attenzione è attirata da tre scalmanati che proprio non riescono a stare nei ranghi, sorpassano gli altri correndo e non seguono il sentiero; sembra per loro un piacere alzare la polvere dando pedate a destra e a manca. Da quassù penso che sicuramente sono i tre più piccoli che arrivano dai tre tetti blu;  d’altra parte, vivendo in un posto così, abbarbicato all’inverosimile, possono permettersi di correre  in infradito e sollevare polvere: i bambini di borgata tre tetti sono famosi per questo.   

L’aereo vira leggermente a sinistra e riesco a vedere l’esibizione dei monelli che ora hanno preso di mira l’ordinata  fila delle ragazzine più grandi, quelle che prima di partire da casa si sono pettinate per bene ed ora si ritrovano con i capelli pieni di polvere.

I tetti blu sono dappertutto, radi ma presenti, uniti da una fitta rete di sentieri e terrazzi, ponti sospesi e strade polverose.

Amo questo paesaggio, fragile, difficile, esigente, bello; ai bambini dei tre tetti dò un’ultima occhiata mentre scappano inseguiti da altri. Quando mi chiederanno perché sono qui, in Nepal, dirò: tre tetti blu, infiniti tetti blu.

Infiniti tetti blu