Pandemia & portatori

Anche il Nepal sta vivendo la pandemia Covid-19. Un cinico  sguardo limitato ai soli numeri  potrebbe non fornire un quadro realistico della situazione: poco più di 3.200 casi (aggiornamento: 6 giugno 2020) e 13 morti ma con oltre 300 nuovi contagi giornalieri.

Chi conosce questo Paese sa che i numeri non sono capaci di  rappresentare la realtà.

Il 22 marzo il Governo ha annunciato la chiusura degli aeroporti e il 23 è iniziato il lockdown che, secondo le ultime previsioni, durerà almeno fino al 14 giugno.

La chiusura degli aeroporti ha significato l’interruzione improvvisa della più importante risorsa economica del Paese: il turismo; la stagione primaverile di trekking e ascensioni è andata persa e per quella autunnale (ottobre-novembre) sono piovute le disdette. In assenza di qualsiasi aiuto o facilitazione da parte dello Stato, molti operatori del settore turistico sono falliti, lasciando a casa senza alcun stipendio o ammortizzatore sociale dipendenti e collaboratori.

Tra questi vi sono i portatori, coloro che letteralmente “portano” i bagagli a turisti e alpinisti impegnati nei trekking e nelle spedizioni alle vette himalayane o forniscono di generi   alimentari i lodges di alta quota, la cui attività è legata comunque al turismo. Un lavoro duro e umile ma molto ambito, perché  viene pagato meglio di altri lavori e di certo più redditizio dell’agricoltura che è possibile fare in quei posti.

Molto si è discusso su questo lavoro perché alcuni occidentali lo vedono come una forma di sfruttamento e propongono alternative per una maggiore sostenibilità ed equità del turismo che puntualmente non vengono attuate ne’, tanto meno, capite dai diretti interessati. Piaccia o meno questa è, purtroppo, l’unica alternativa all’emigrazione dalle zone rurali delle basse valli Himalayane alle grandi città come Kathmandu o nei paesi arabi, ove una vita spesso più grama e misera attende i giovani.

I portatori che abbiamo conosciuto durante i viaggi solidali di Cecy Onlus, che risiedono per lo più nei villaggi agricoli tagliati fuori dal flusso turistico,  hanno perso un’importante fonte di reddito che permetteva loro un miglior tenore di vita; per loro, così come per le guide, l’annullamento di due stagioni turistiche consecutive può avere esiti disastrosi: come mantenere la famiglia con la sola agricoltura? Purtroppo, in quei magnifici  posti, non esistono alternative. Con il passare degli anni il lavoro nel settore turistico è diventato via via predominante rispetto a quello nei campi e ora, il ritorno improvviso e forzato all’agricoltura di sussistenza, senza mezzi, capitali da investire e su terre poco fertili non irrigue, risulta quanto mai problematico.

E non si tratta solo di piantare più patate, seminare più mais o tenere 4-5 capre in più: sono in gioco la possibilità di mandare i figli a scuola, una migliore istruzione, le cure mediche, vestiti e calzature decenti per tutta la famiglia. Inoltre, il rischio della fame è già presente ora per numerose famiglie anche nel villaggio di  Nunthala ove c’è la casa famiglia Dil Kumari. Qui  sono già stati distribuiti aiuti alimentari da parte dell’amministrazione locale, l’unica ad attivarsi  veramente in favore delle persone.

Casa famiglia nel lockdown

Durante questa pandemia anche in Nepal solidarietà e  volontariato si sono mobilitati sia nelle  città come Kathmandu o Bhacktapur,  che nei piccoli villaggi. I nostri amici e collaboratori, Lakpa, Dolma, Chhongba stanno bene e continuano nel  loro impegno con la Monviso Nepal Foundation.

Malgrado il lockdown i lavori alla casa famiglia non si sono fermati; si continua a fabbricare il mobilio che servirà per arredarla e il muro di cinta è pressoché terminato. Purtroppo la situazione e le restrizioni dovute alla pandemia non hanno permesso di iniziare l’ospitalità per i bambini, cosa che avremmo molto desiderato. Al momento non si sa con precisione se e quando le scuole riapriranno; le autorità sono intransigenti sulle regole del lockdown e le lezioni vengono diffuse tramite internet e via radio e anche a Nunthala tutti i bambini e ragazzi delle scuole devono stare a casa. Per i trenta bambini che devono essere ospitati nella casa Dil Kumari questo significa rimanere in una situazione provvisoria, presso parenti o famiglie generose per alcuni, più o meno abbandonati a se stessi per altri.

 

 

Nepal: pandemia, casa famiglia e portatori